Mi dicevano perditi, perditi dentro i boschi
di farfalle, abbandona allo spiraglio una luce che il sole
concede ai frettolosi. Credi veramente, che una foresta
inghiotta tutto quello che l’attraversa ? Mi dicevano
perditi, tutte le volte vicino a me e mi perdevo
davanti ai si, davanti ai ma. Dicevano perditi
guardando un posto, sentendo un mare, oppure
stando nel tonfo del tuo silenzio. Ascoltare, ed io ero li
sui bordi della Pontina dove un fiore brillava
solo tra un rito e la mattina, mi perdevo nelle notti
davanti un allarme che s’illuminava, pieno di umido
mi regalavo il buoni pensieri di un Venerdì. Dicevano perditi
prendi la bici e vai, sconfiggi i km, ma perditi a finirti.
Quello che ti rimane quando sudi, diventa più colorato
lo sanno tutti, lascia un’impronta più profonda
ed io mi perdevo davanti un pallone, liscio di aria
più scadente di calci. Mi dicevano perditi
tra le file di pomodori tanto verdi quanto poco
era il tempo di aspettare. Mi dicevano perditi
che il tempo sta qui sta li sta dove serve perdersi.
Il tempo si ciba di fretta per diventare fiato
dentro le bocche. Dicevano perditi che è meglio
per te, perditi che se ritorni diventi più forte
affronterai le valanghe di gelato con la lingua aperta
come vuoi tu quando ti mangio il basso del tuo intestino
e tu ci vedi chissà quale destino. Faccio male a perdermi
pensando di fuggire, ma fuggire è più che restare. Invece
voglio perdermi nelle fosse delle tue rughe
che si abbraccino gli uni con un destino, che vengano
curati dallo stesso vicino, magari una nebbia
di sognatori. Che si approprino i giovani di un sorriso
lanciato sulla faccia di uno che lo capisca. Mi diranno che perdersi
è il fiuto di un passeggero che aspetta la notte
per viaggiare, mi dice che la notte è priva di odori
e anche gli umori, viaggiano soli, mi dice che la notte
entra dentro a milioni di altre notti. E’ più facile
essere paralleli proprio come sono io struccato
e verniciato ogni giorno e tutti i giorni che mi perdo.
Sergio Mascitti