Ho il flusso di coscienza iperattivo:
inutile fare l’analisi logica
della mia mancanza di ragione.
Per non parlare di questo mio pensiero
senza capo e senza coda:
una vera perdita di tempo
cercare l’oggetto
di un verbo che regge solo le illusioni.
E la parola
io la uso a sproposito:
inutilmente pecco di retorica
ma quando sono un fiume in piena
dimentico persino la poesia
e regredisco al balbettio infantile.
Ho l’identità afflitta discrasia
e mi rifugio in uno specchio
a parlare con la maschera che sono
e l’eco di una voce familiare
rimbalza
sui limiti universali del linguaggio.
Per dire qualcosa di me,
qualcosa che abbia senso,
resta solo il notturno silenzio curioso
travestito da punto di domanda
senza contenuto
che interroga sagge stelle
intermittenti
che vede solo lui.