Non sono una persona che si spaventa alla vista del sangue. Ed essere donne รจ una scuola di sangue: tutti i mesi offriamo a noi stesse il suo spettacolo odioso. Ma quando ho visto quella minuscola macchia sopra il cuscino, i miei occhi si sono annebbiati e le mie gambe si sono piegate. Mโha invaso il panico, poi la disperazione e mi son maledetta. Mi sono accusata di ogni colpa verso di te che non potevi proteggerti, non potevi ribellarti, cosรฌ piccino e indifeso e alla mercรจ di ogni mio capriccio, ogni mia irresponsabilitร . Non era nemmeno rossa, la macchia. Era rosa, dโun pallido rosa. E tuttavia era piรน che sufficiente a trasmettermi il messaggio, ad annunciarmi che stavi forse finendo. Ho agguantato il cuscino e son corsa. Il medico รจ stato inaspettatamente gentile. Mi ha ricevuto sebbene fosse sera, mi ha detto di calmarmi: non stavi morendo, non tโeri staccato, avevi sofferto e basta, si trattava di una minaccia e basta, il riposo assoluto avrebbe sistemato ogni cosa. Purchรจ fosse assoluto. Purchรจ non scendessi dal letto nemmeno per andare nel bagno. E per questo era meglio che mi ricoverassi in ospedale.
Siamo allโospedale. Una camera triste di questo mondo triste. Cia siamo da una settimana che ho trascorso quasi sempre dormendo, obnubilata dai sedativi. Ora li hanno sospesi ma รจ peggio: non so come impiegare il tempo che gocciola a vuoto. Ho chiesto i giornali e non me li hanno portati. Ho chiesto una televisione e me lโhanno negata. Ho chiesto un telefono e non funziona.