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Interviste

Intervista ad Alessandro D’Elia

Alessandro D’Elia nasce a Roma nel 1982. Da ragazzino fa il chierichetto per tre anni nella Basilica di San Pietro in Roma. Poi studia e si diploma e fa lavori stagionali. Da studente universitario, vede la Spagna vivendo come Erasmus ad Alicante. Una volta tornato riesce a scrivere e dopo la laurea in Giurisprudenza pubblica “Casi penali” nel 2019, e “Poesie mondiali” nel 2020. Ora vorrebbe vedersi confermato nel suo primo lavoro impiegatizio, presso gli uffici della Regione Lazio.

 

Benvenuto!

Oltre a scrivere, cosa fai nella vita?
Voglio essere sincero: io non scrivo quasi mai. Essere scrittore, diventare scrittore, per me è ancora un sogno. Di questo sogno mi nutro e al fine di realizzarlo mi interesso degli argomenti che potrei o vorrei approfondire, nel senso che leggo, ascolto e guardo per prepararmi, per darmi una formazione tutta mia. Ora siamo in quarantena, ma io avevo cominciato a lavorare come tirocinante alla Regione Lazio: tornavo a casa alle cinque e mi dedicavo ai miei film e alle mie letture, oppure a consumare caffè in compagnia dei miei amici, in zona Torrino a Roma, dove vivo.
Ora, in quarantena, approfondisco maggiormente i miei studi, se così vogliamo chiamarli.

Quando scrivi, immagini per chi stai scrivendo?
Non immagino un lettore-tipo, ma penso alla reazione che il mio libro potrebbe suscitare, anche fantasticando un po’. Immagino lettori di questa società, che vogliano cambiarla, e mi sento come un messaggero di un punto di vista nuovo atto a farlo. Per cui vedo, anzi immagino, i miei lettori, o futuri lettori, come persone che prendano la palla al balzo per alzarsi e aderire alla mia visione, a ciò che sento di professare. Immagino lettori che sappiano cogliere il significato che voglio trasmettere, per impostare una esistenza differente nel mondo stesso che abbiamo, senza l’adesione a concezioni troppo utopistiche.

Da lettore, quali libri preferisci?
Sono cresciuto come un lettore onnivoro, nel senso che per me, dall’età di quattordici anni, era importante leggere per darsi una cultura, accogliendo un po’ di tutto. Ovviamente, comunque, ho sviluppato un senso critico ed un gusto personale, e oltre a concentrarmi su Shakespeare e altri autori inglesi classici, ho maturato una ammirazione e un interesse verso autori nordamericani che per me rappresentavano trasgressione e novità. Mi riferisco ai grandi della beat generation, che però idealizzavo più che studiarli o approcciarli. Per cui ancora oggi, nel mio essere onnivoro e non sprecare tutte le cose che mi capitano, ritrovo la mia anima letteraria immergendomi, sempre più spesso, nella narrativa statunitense, che, tra i classici del Novecento, mi dona grosse boccate di ossigeno per i polmoni e per la mente.

Alcuni scrittori sono metodici, rileggono spesso i loro lavori altri invece scrivono di getto, tu che tipo di autore sei?
Tra le due categorie sono senz’altro uno che scrive di getto, e per me è sempre stato importante cristallizzare nella poesia il momento stesso in cui essa viene composta, perché è in quel momento che essa nasce, il momento stesso è poetico, e, nella grandezza del tempo che scorre, amo fermarlo e testimoniarlo. Questa idea della fissazione del momento, però, deve poi fare i conti con l’accessibilità del testo, con la sua linearità ed estetica. Per questo le cose vanno riviste e ritoccate, nella ricerca di un compromesso tra il rispetto del momento creativo e le esigenze della forma migliore.

Progetti personali futuri?
Vorrei scrivere molto, ho in mente ambientazioni e contesti, idee di scritti in cui emergano certi e chiari aspetti, della società, delle persone, della città. Ma sono molto concentrato a definire ed esplorare le cose che finora ho inventato, poesie sullo sport visto dalla TV, sulle emozioni che esso suscita, sulla abitudinarietà dell’esperienza televisiva. Di questo genere è uscito da poco il mio primo libro, che si intitola “Poesie mondiali”, inerente i mondiali di calcio svoltisi in Russia nel 2018. Ho diverse altre poesie di questo tipo, anche relative ad altri sport. Ad esempio sto scrivendo un libro sulla pallavolo, che ho in mente di rendere il primo di una serie.

Che consiglio daresti ad un bambino che ama scrivere?
A un bambino consiglierei appassionatamente di leggere tanto, di portare a termine ognuna delle tantissime letture, e di leggere immaginando i personaggi come esistenti in un mondo irreale, in un cosmo che costituisca il bagaglio personale del mondo della propria inventiva. Comunque sia, consiglierei di leggere una montagna di libri.

Hai pubblicato un ebook, un libro cartaceo o entrambi?
Poesie mondiali è uscito sia in formato cartaceo che ebook. Ebook costa un po’ meno, il cartaceo ha una bella copertina lucida.

                                                                          

Cosa sceglieresti tra: Premio Strega o la vendita di 500000 copie?
In questo preciso momento preferirei vendere, vorrei uscire dall’anonimato e soprattutto avere un pubblico, fare conoscere la mia visione il più possibile, estendermi e urlare a tutti quello che ho da dire. Sceglierei vendere 500000 copie, che sarebbe letteralmente un sogno. Premi e riconoscimenti lavorerei lo stesso per ottenerli, soddisfano in un modo più profondo, ci fanno sentire meglio legittimati. Il Premio Strega inoltre è per i romanzi, e in cantiere al momento non ne ho.

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