Era un incubo, forse.
Lo dev’essere stato.
I suoi brandelli di sudore
Aderivano sulla mia pelle
Sul seno, sulla bocca,
sul pube spoglio.
Mi afferrava
Come si fa con una serpe
e all’occorrenza
bastonare
prima che emetta
il periglioso veleno.
Diceva, seducendomi,
che il mio corpo eburneo
rispecchiava
un introvabile candore d’animo.
Voleva acquietare
La bestia dentro di me.
Ora che lui non c’è più
Senza il suo amore
Patriarcale
Potrò cominciare
Danzando fluidamente
Ingorda di vita.
Una poesia permeata da un lessico sincero, senza veli, dallo stile aperto, mai pesante o osceno, nutrita da tonalità imprevedibili.
Sento l’eco di una tormento che percorre pelle e cuore, la volontà di dare corpo alle emozioni come in una sorta di confessione interiore dove regna una forma di confusione: “Era un incubo, forse.”
Salta all’occhio un uso di forme verbali dal tono cupo, crudo, a tratti violento: “Mi afferrava”, “addomesticare” , “bastonare”, “voleva acquietare”, “annaspare”.
E’ un grido di chi, “ingorda di vita”, rivendica con indignazione di aver vissuto una sottomissione mascherata da una forma di eros dominante che egoisticamente tutto chiede e tutto pretende. E tanto più pretende tanto più annienta nel momento in cui questo finisce e ci si ritrova da soli. “Dovrò orientarmi Senza il suo amore Patriarcale”. Solo nell’ultima strofa si respira l’aria della liberazione, del sollievo, della gioia “Potrò cominciare A respirare”, “Danzando fluidamente”.
L’amore seppur solo carnale dovrebbe essere libertà, felicità, risorsa per la vita, “respirare senza annaspare” una condizione che nella poesia viene ritrovata “ora che lui non c’è più”.
E’ un eros che si impone come diritto di prevaricazione. L’uomo chiuso nella crudeltà innaturale del suo privilegio è prigioniero della propria desolazione se fa sentire una donna come “una serpe Che si voglia addomesticare e all’occorrenza bastonare”. L’ autrice riesce perfettamente ad amalgamare i fotogrammi endogeni ed esogeni di un vissuto e trarne linfa poetica ponendola in un linguaggio depurato, vero….a tratti malinconico e non banale.
Elita Di Girolamo