Con questi versi semplici
mi appello alla volontà dei baristi
di limitare l’ingresso il lunedì mattina
a quelli che
“i neri non li voglio in Italia perché puzzano”
“Gli immigrati ci rubano il lavoro”
“Pensano ai poveri delle altre nazioni ma a noi chi ci pensa?”
“Sono tutti delinquenti e stupratori”
Pensate solo al vantaggio
di servire un caffè
ad un bancone affollato
di gente che ama la gente,
col professore che ama Pennac
e parla di Belleville ai suoi studenti,
con la ragazza tatuata
che va all’università
mano nella mano con la sua compagna,
e la mamma magrebina
che spiega la ricetta del cous cous
alla signora di Milano,
con il portiere baffuto
che sfotte l’ingegnere del piano di sopra
perché la sua squadra ha perso la partita ancora una volta,
col signore rumeno
che offre il caffè all’inquilino del palazzo accanto
che proprio ieri gli ha trovato un lavoro.
Pensate pure alla bellezza di lavorare
in un posto dove si respira umanità,
dove un saluto e un sorriso
superano ogni barriera linguistica,
si, anche quella di chi a stento conosce l’inglese,
dove vivere non è lottare per la sopravvivenza,
ma cercare di accendere un falò di gioia,
anche partendo da una sola fiammella.
Immaginate solo questa danza culturale
sotto i vostri occhi,
il piccolo incantesimo del lunedì mattina
all’aroma di caffè:
sarebbe curiosa persino la fretta d’inizio settimana
ed anche la persona un po’ scortese
che non dice mai “Buongiorno” e “Arrivederci”,
che non sorride mai,
che non lascia mai la mancia,
potrebbe sembrare solo una piccola parte
di questa umanità misteriosa
che ha sempre le sue motivazioni,
la sua fretta, le sue urgenze, la sua storia,
il suo bisogno di una mano,
che va bene di qualsiasi colore o grandezza,
purché si tratti di una mano tesa.