Come detto nell’articolo precedente, ecco che dopo 15 giorni torna l’appuntamento che vuole far scoprire le grandi poesie dei maggiori letterati italiani!
Questa settimana tocca a Montale con la sua Non recidere, forbice, quel volto.
Di seguito l’analisi della poesia:
Non recidere, forbice, quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.
Un freddo cala… Duro il colpo svetta.
E l’acacia ferita da sé scrolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di Novembre
Eugenio Montale
Non recidere, forbice, quel volto è una poesia di Eugenio Montale contenuta ne Le occasioni, pubblicate nel 1939.
Il tema della lirica è quello della memoria che cerca di resistere al tempo.
Il poeta inizia pregando la forbice, ovvero il tempo, di non eliminare il volto della donna amata, Irma Brandeis, alla quale è pure dedicata l’opera. Questa dimenticanza della donna viene poi paragonata, attraverso l’uso del corrispettivo oggettivo, all’acacia quando il potatore ne recide la cima: così come dall’albero si distaccherebbe il guscio di cicala, cadendo nel fango (belletta) di Novembre, dalla memoria verrebbero meno tutti i ricordi felici riguardanti la propria amante, i quali finirebbero inghiottiti dalla nebbia di sempre. Ma è impossibile resistere al tempo e infatti la forbice non ascolta il desiderio del poeta, che ne distrugge la sua memoria.
In questa poesia, composta da due quartine di tre endecasillabi e un settenario, il corrispettivo oggettivo acquista grande valore. Infatti la seconda strofa si compone di immagini “concrete”, diventando la trasposizione reale delle sensazioni della prima. Le due strofe inoltre sono collegate fra loro pure dalla fonologia (sfolla-scrolla, sempre-Novembre). Il lessico infine spazia da parole colloquiali a termini letterari (belletta) e inconsueti (sfolla).
Qui l’analisi di Fratelli di Giuseppe Ungaretti a cura di Valerio Succi
1 commento
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